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lunedì 27 gennaio 2020

CONSIGLI DI LETTURA | “IL SILENZIO DEI VIVI” di Elisa Springer

 
Titolo: Il silenzio dei vivi
 
Autore: Elisa Springer
 
Genere: Autobiografie
 
Editore: Marsilio
 
Pagine: 124
 
Anno edizione: 1997

La tragedia dell' Olocausto rappresenta indubbiamente la pagina più oscura mai scritta dall'umanità. Sembra essere stata forgiata dalla mente di un abile e macabro scrittore, perchè è talmente assurda che si fa fatica ad accettare che un avvenimento così insensato sia accaduto davvero... ma purtroppo non è alla fantasia che facciamo riferimento quando ricordiamo le vittime del più orribile genocidio mai accaduto, bensì ad una scellerata e incancellabile realtà.

Ho sempre nutrito interesse e allo stesso tempo inquietudine per questa tematica così delicata. La mia sensibiltà viene scossa fortemente ogni volta che le mie orecchie ne sentono parlare, quando i miei occhi vedono le agghiaccianti immagini di repertorio, e nel momento in cui il mio cuore percepisce l'immane sofferenza che hanno vissuto milioni di persone; gente innocente, che viveva e sognava come tutti noi, prima di vedere la propria esistenza frantumarsi in un istante, per poi perire inerme nei campi di concentramento

Il campo di concentramento di Auschwitz
Solo chi è sopravvissuto alla follia dello sterminio può sapere fino infondo quale bestia feroce sia stata la Shoah. Solo chi è tornato fra i vivi può spiegarci quanto può essere potente l'attaccamento alla vita di un essere umano in circostanze di estrema criticità.

Oggi, nel giorno della memoria, il mio umile contributo non consisterà in un classico consiglio di lettura accompagnato da nozioni storiche. 
Il mio racconto inizierà dalla storia di Elisa Springer, e si concluderà con il giorno in cui la sua esistenza ha - per un prezioso frangente - incrociato la mia.

Un silenzio lungo quasi cinquant'anni

Elisa Springer
Elisa Springer aveva 26 anni quando fu arrestata e deportata prima ad Auschwitz, poi a Bergen-Belsen (dove conobbe Anna Frank) ed infine a Theresienstadt. Denutrita, offesa e umiliata fino all'inverosimile, riuscì sorprendentemente a sopravvivere all'orrore della prigionia grazie ad una serie di fortunate coincidenze, unite ad un'incrollabile forza interiore.  

Dopo essere tornata per breve tempo a Vienna, la sua città natale, passò gran parte della sua esistenza in Italia, precisamente in Puglia, a Manduria. Con il tempo riuscì a costruirsi una vita “normale”, nascondendo con tenacia i segni del suo doloroso passato. Furono l'inesorabile avvicinarsi della vecchiaia e l'incoraggiamento di suo figlio a spingerla verso la decisione di rompere quel silenzio durato quasi cinquant'anni.

Ho taciuto e soffocato il mio vero Io, le mie paure, per il timore di non essere capita o, peggio ancora, creduta. Ho soffocato i miei ricordi, vivendo nel silenzio una vita che non era la mia; non è giusto che io muoia, portando con me il mio silenzio."

Nel 1994 Elisa Springer rilasciò una lunga intervista-verità alla Gazzetta del Mezzogiorno. Successivamente, pubblicò due libri (“Il silenzio dei vivi” e “L'eco del silenzio”), suscitando commozione e ammirazione nella collettività. Per diversi anni girò l'Italia, facendo della responsabilità di non dimenticare la sua missione di vita. Morì nel 2004 a Matera, a 86 anni
La sua testimonianza è fra le più toccanti mai scritte.

Ho visto i suoi occhi. Ho ascoltato la sua voce.

"Gli occhi verdi e miti di Elisa Springer"
Avevo 17 anni quando vidi per la prima volta gli occhi verdi e miti di Elisa Springer. Quel giorno, tutte le classi della mia scuola erano state chiamate a partecipare ad una conferenza sull'Olocausto. La sua figura, composta e distinta, si ergeva dietro il lungo tavolo; al suo fianco, l'amato figlio Silvio, suo fedele accompagnatore.

Elisa Springer ci raccontò del suo libro e della sua atroce esperienza con estrema dignità. La sua voce - un suono che ricordo ancora come se fosse ieri - era un sussurro pacato e al contempo risonante. La ascoltammo in rispettoso silenzio, rapiti dall'aura luminosa che sprigionava con la sua presenza.

Leggemmo tutti la sua autobiografia, anche in famiglia. Quella donna, restituita al mondo dall'oblio e che viveva a pochi chilometri da noi, aveva suscitato nelle nostre anime un profondo sentimento di stima e vicinanza

A casa di Elisa Springer
 
Andammo a trovarla a casa sua. Successe quasi per caso, alcuni mesi dopo aver letto il suo libro, in una torrida domenica d'estate del 1997.

Come d'abitudine, quel giorno eravamo andati al mare fuori città. Avevamo passato l'intera mattinata sotto il sole cocente della costa Ionica, per poi recarci nella vicina Manduria a fare una passeggiata.


Era stato mio padre a pronunciare quelle strane parole. Provammo a dissuaderlo da quell'idea bizzarra, anche se sapevamo che sarebbe stato più semplice prendersela coi mulini a vento, anziché togliergli dalla testa una decisione già presa. Il pensiero di rivedere Elisa Springer e di esprimerle il nostro affetto rendeva felici tutti noi, ma eravamo anche consapevoli del fatto che non sarebbe stato di certo facile essere accolti di buon grado nella sua dimora. Non solo eravamo quattro perfetti sconosciuti che bussavano alla sua porta controra... anche il nostro aspetto non rappresentava di certo un vantaggio: rossi come peperoni, sudati, stanchi e vestiti “da mare”, si sarebbe sicuramente spaventata e ci avrebbe mandati via. Intanto mio padre aveva già chiesto ad un passante dove abitasse Elisa Springer, e - senza nemmeno accorgercene - in un attimo ci ritrovammo di fronte alla sua porta.

Non ci avrebbe fatti entrare. Ci avrebbe congedati con gentilezza, non prima di averci squadrati con un misto di incredulità e ripugnanza sul viso. Invece non andò così...

Elisa Springer ci aprì prima la sua porta, e poi il suo cuore
 
Restammo con lei nel suo soggiorno di legno scuro seduti attorno al tavolo rotondo per almeno mezz'ora. Ricordo che ero molto intimidita e imbarazzata al suo cospetto, ma nonostante questo, la ascoltai  con grande attenzione.

La sua dedica alla mia famiglia
Quel velo di tristezza, che offuscava la limpidezza del suo sguardo bello e innocente, mi raccontò più di quanto non fecero le sue poche ma ferme parole
Quando ci mostrò il marchio dell'infamia nazista sul braccio (A-24020) e le sue fotografie, ebbi l'impressione di trovarmi in un film; e quando accettò il nostro invito a scattarsi una foto con noi, mi sembrò di abbracciare un'entità superiore, al fianco della quale mi sentivo piccolissima

Io ed Elisa Springer (1997)
Sono passati più di vent'anni da quel giorno incredibile. 
All'epoca, quell'incursione mi sembrò una stramberia. Oggi invece ringrazio l'intraprendenza di mio padre, perché mi ha permesso di vivere una delle esperienze più significative della mia vita.

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